«A Mantova ho sfiorato la Serie A e lasciato il cuore, a Spezia ho trovato tanti amici, riuscendo a mantenere la categoria dopo una brutta partenza, proprio quello che sta accadendo adesso». Queste le parole di Mimmo di Carlo ai microfoni de Il Secolo XIX in vista della partita del weekend, alla ripresa dalla sosta, al Martelli tra le due sue ex squadre. Sulla panchina del Mantova dal 2003 al 2007, conquistando due promozioni consecutive, dalla C2 alla B che mancava da oltre 30 anni; allo Spezia arriva tante panchine dopo, succedendo a novembre 2015 a Bjelica con lo Spezia in bassa classifica, riuscendo a centrare la semifinale playoff persa contro il Trapani, oltre agli ottavi di Coppa Italia con la clamorosa eliminazione della Roma all’Olimpico. «Arrivai nel golfo trovando una squadra forte, che andava solo motivata per risalire la china».
Di Carlo adesso è allenatore del Gubbio e tra i suoi giocatori in rosa ce n’è anche uno di proprietà aquilotta, Djankpata: «È giovane, deve migliorare sia tecnicamente che tatticamente, ma ha un buon potenziale, è aggressivo e sta giocando con intensità, cerco di migliorarlo per poterlo rendere allo Spezia a fine prestito cresciuto calcisticamente, la Serie C serve anche a questo». Il tecnico ha continuato parlando delle due esperienze, definendo quella di Mantova più longeva, anche se in entrambe ha sfiorato il sogno: «Si chiamava A per i virgiliani e B per le aquile: in B perdemmo contro il Torino, ho rabbia ancora adesso per come vennero gestite dagli arbitri le sfide di andata e ritorno, una vergogna, ma al tempo non c’era Var e furono commessi errori che gridano ancora vendetta. Al Picco invece sfumò la promozione contro il Trapani, anche in quel caso la direzione arbitrale giocò un peso decisivo».
L’attualità
Proseguendo, ha parlato della stagione delle due squadre oggi: «Il Mantova ha rinnovato nove undicesimi, molto bravo Possanzini a dargli una precisa organizzazione di gioco, per combinazione con le dimissioni a fine ottobre di Christian Botturi sono arrivate due vittorie consecutive». Poi, ha analizzato l’addio di D’Angelo, definendolo comunque un ottimo tecnico: «La B è strana, vinci due gare e sei in griglia play-off, ne perdi due e ti ritrovi nei guai». Secondo Di Carlo non c’era alcun problema con lo spogliatoio, ma più un problema di aspettative, che erano altissime per come era finita la stagione scorsa. Detto questo, l’allenatore del Gubbio ha poi parlato dell’arrivo di Donadoni in panchina: «Lo sapremo con il tempo se potrà essere l’allenatore giusto. La ripresa giocata in 10 contro 11 contro il Bari mi ha impressionato per reazione. Ogni mister deve lavorare a modo suo, deve essere bravo a risvegliare entusiasmo, orgoglio e attaccamento, anche perché il Picco chiede quello: sudore e impegno per la maglia, il resto viene dopo. La squadra deve tirare fuori una sua identità di gioco e ritrovare il coraggio e lo spirito di squadra che aveva l’anno scorso. Certo, l’assenza di Pio Esposito si sente ma il grosso della rosa è rimasto ed è formata da buoni calciatori, ora serve una vittoria per ritrovare la fiducia».
Secondo lui, come ha fatto per Pio Esposito nelle passate stagioni, lo Spezia dovrà essere bravo a far crescere i suoi giovani, partendo da Vlahovic: «Mi piaceva già l’anno scorso nell’Under 23 dell’Atalanta, ha velocità e tecnica, a Spezia deve trovare consapevolezza dei suoi mezzi, con le sue qualità è uno difficile da marcare, se in fiducia diventa determinante. Ma tutti i giovani in rosa, ci metto anche Kouda, Candelari, Comotto, Jack hanno bisogno di giocare per crescere, anche sbagliando, ma vanno aspettati e non è sempre facile».

