15 Dicembre 2025 - 16:15

Guidetti: “Spezia è diversa. Qui emozioni sempre indimenticabili”

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Massimiliano Guidetti, entrato nella Hall Of Fame delle Aquile qualche mese fa, ha rilasciato una lunga intervista ai canali ufficiali dello Spezia Calcio in cui ripercorre tutte le sue avventure in maglia bianca. La nascita della passione, i gol sotto la Ferrovia, la voglia di segnare sempre, tutte circostanze raccontate dal popolare Max. Ecco qualche estratto.

Le parole di Guidetti

Sull’inizio della carriera: “Mio padre era calciatore e io lo seguivo da bambino, la passione è nata lì. Mi hanno piazzato subito davanti e facevo gol con buona frequenza. Non mi hanno più spostato, nemmeno tra i più piccoli. La mia famiglia mi è sempre stata accanto e non mi ha mai forzato”.

Sul rapporto con lo Spezia: “Non mi aspettavo che nascesse una cosa del genere. Quel che ho ricevuto è straordinario, irripetibile e unico e auguro a chiunque una cosa così. Un’emozione che non si dimentica. Dovevo venire già molto prima del 2004, ero a Biella ma non trovai l’accordo giusto e così andai al Lumezzane. Sono felice lo stesso, perché sono arrivato un po’ in ritardo, perché le sensazioni sono uniche: il Picco è bellissimo e oggi è un gioiello, ma allora era una bolgia autentica. Il coro per me? Qualcosa di incredibile sentire il mio nome da un popolo intero, un senso di appartenenza che non ha eguali. Segnai subito e quindi si creò una certa alchimia, ma sin da subito ebbi una strana e bellissima sensazione”.

Sullo Spezia di quegli anni: “Eravamo gagliardi, di qualità e di carattere. Un anno all’Arena Garibaldi a Pisa a un certo punto segno ed esulto sotto la curva dello Spezia, ma avevano fischiato fuorigioco e il Pisa stava già attaccando, praticamente avevo lasciato in dieci la squadra. Poi vincemmo la partita perché feci anche un gol regolare. Poi vincemmo anche la Coppa Italia, un trofeo cui tenevamo moltissimo. Poi andammo in B, capimmo che era fattibile solo in corso d’opera perché col cambio societario non c’erano subito obiettivi così alti. Ma eravamo davvero forti e completi e via via siamo stati consapevoli sempre più soprattutto in casa”.

Su Spezia-Genoa: “Una tensione incredibile, il Genoa non voleva giocare per motivi di ordine pubblico, ma ottenemmo di giocare al Picco in un’atmosfera incredibile e ci diede una forza clamorosa. La gente si era unita ancora di più e ha mostrato di riempire lo stadio in modo perfetto. Loro erano fortissimi, ma sbloccammo la gara subito e avremmo battuto chiunque con quella carica”.

Sull’essere un simbolo: “Mi piace essere ricordato così, perché il gol lascia un segno diverso e rimane nella storia. Io ero la punta dell’iceberg, ma compatto e dotato di grande forza insieme a tutti i compagni e allo staff. Tutte le reti hanno un comune denominatore, ovvero l’aiuto della squadra. Senza di loro non ci sarei riuscito. Allora vivevo tutto con freddezza, ma oggi tornare qui è incredibile e vedo che tutto è immutato. Difficile rendermi conto di aver fatto la storia, perché non l’abbiamo assaporata fino in fondo. Solo con gli anni ho capito cosa abbiamo fatto con una città in delirio al nostro fianco”.

Sull’esperienza in B: “Nel calcio esistono le etichette e in molti pensavano che non avrei segnato in B, invece sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio. Il gol al Genoa fu incredibile in una partita pazzesca, ma che gioia. Fu l’unica sconfitta loro nel girone di andata. Nel post partita tornavo a casa insieme a Ponzo e uscimmo dallo stadio con la giacca al contrario per non farci riconoscere, ma a pochi metri dall’auto incrociamo alcuni tifosi del Genoa e mi riconobbero. Buttammo la valigia in macchina e andammo. Un episodio che ricordo col sorriso, anche perché ero con Paolo: un ragazzo eccezionale che diede tutto per noi”.

Sulle partite con la Juve: “Una emozione straordinaria, ero anche capitano e strinsi la mano a Del Piero. Per noi fu speciale giocare contro dei campioni del mondo, il Picco era gremito. Facemmo una partita straordinaria ma sfiorammo solo la vittoria perché Nedved pareggiò. Non si vedeva un singolo spazio libero allo stadio. E poi il ritorno: segnai in pallonetto, un gol che poteva permetterci di giocare i play-out, poi l’assist a Padoin. Una marea di emozioni incredibili con i risultati che arrivavano dagli altri campi. Poi lo spareggio, con un Verona agguerrito e forte: dopo il 2-1 in casa fu un assedio incredibile al ritorno, salvammo di tutto e finì 0-0. Fu qualcosa di incredibile”.

Sull’anno successivo e il fallimento: “In tanti mi hanno chiesto come mai rimasi. Lo Spezia mi aveva praticamente già venduto e trovato l’accordo economico, anche vantaggioso. Ma io dissi che non avevo intenzione di andarmene: ero capitano, avevo da restituire qualcosa a questa gente che mi aveva voluto bene perché mai altrove ho ritrovato tutto questo. Lottammo su ogni campo con dignità fino alla fine e retrocedemmo alla penultima giornata. Non ho rimpianti insieme ai miei compagni: in condizioni difficili abbiamo fatto un campionato difficilissimo onorando la maglia. Purtroppo non bastò”. 

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