Luca Gotti, ieri a Follo, ha presentato il libro di Andrea Caverzan. Dispensando, scrive Il Secolo XIX, lezioni per tutti: “Io ho un figlio del 2007, scarsetto, ma sono contento che giochi a calcio. Ha tante componenti formative che servono a prescindere nella vita. Rispettare le regole e gli altri soprattutto. Spero non migliori per diventare un calciatore, spero un’altra vita fuori dal calcio. Ma il calcio può dare un contributo grande, connotazione positiva a crescere. A Montebelluna ci abbiamo provato, io da mister lui da calciatore. È la società che ha prodotto il più alto numero di calciatori professionisti. C’è un arco prima di entrare nel centro, e lì è un altro mondo; fatto dalla Bruna che è al bar, dagli inservienti, da chi guida il pulmino, tutti in assonanza per quell’ambiente”.
“Se hai i capelli lunghi – ha proseguito Gotti – ti blocca anche un semplice operaio e ti chiede: «Quando li tagli? Cos’è quell’orecchino?». Non esiste buttare una carta per terra o andare all’allenamento con le scarpe sporche. Andrea ne parla nel suo libro con leggerezza, viene da lì anche lui. Attraverso il calcio si comunica, sono lezioni di vita che vanno assimilate perché uno su 10 mila dei ragazzini di oggi diventa professionista, gli altri sono uomini. È meglio essere una bella persona che un bel calciatore“.