11 Dicembre 2023 - 11:30

Da Di Carlo e Italiano a D’Angelo: il portafortuna targato Spezia

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Più che una punta vera, serviva un casco da battaglia per riportare la vittoria. Un simbolo di sfida e di coraggio, che accampava nello spogliatoio aquilotto prima del match del Del Duca, e che ha attirato anche l’attenzione degli operatori di Sky e Dazn. Tutto nasce dopo l’arrivo di Mimmo Di Carlo allo Spezia, da quel consiglio che Guido Angelozzi fa giungere a Nanni Grazzini, allora presidente della gente. Mimmo arriva, vede la situazione del post Bjelica e decide che la piazza e la squadra possono ribellarsi ad un periodo no solo dando battaglia. Chiede quindi che dal primo dei giocatori fino all’ultimo dei magazzinieri, si dia un segnale forte. Come scrive Il Secolo XIX, il 9 dicembre del 2015, ed a Massimo Datteri viene in mente di quel pezzo appena ritrovato, solo pochi giorni prima, in Arsenale, dentro un sommergibile in disarmo: un elmetto da guerra. Datteri se lo porta dietro e lo consegna al mister. Che prima di quel match serale, lo pianta nel mezzo dello spogliatoio tra gli incuriositi giocatori. Ciurria se lo mette anche per scherzo in testa. Fatto è che nel pieno del recupero del primo tempo, Patrick s’inventa col sinistro magico e lo Spezia vince con il Vicenza. Apriti cielo. Da quel momento, dovrà per sempre comparire dentro lo spogliatoio. Di Carlo declama prima il casco, poi la formazione. Lui, mister abile e superstizioso, ne fa un’arma motivazionale unica. Lo porta perfino all’Olimpico di Roma, nel giorno in cui gli aquilotti battono incredibilmente ai rigori la squadra di Garcia. Arriveranno, sul campo, dodici risultati utili consecutivi, e solo un rigore negato da La Penna, arbitro romano, fallo di Perticone su Piccolo, vieterà allo Spezia di giocarsi fino in fondo i play off di B. Partito Di Carlo, il casco torna in cantina.

Italiano lo rispolvera

Ma qualcuno si ne ricorda la settimana prima di Pescara-Spezia, ed il 19 ottobre 2019, il pezzo da museo è nello spogliatoio dell’Adriatico, toccato come fosse una lampada di un Aladino del calcio, anche da Italiano. È l’inizio di una nuova avventura, che porterà fino al 20 agosto dell’anno successivo, alla Serie A. C’è chi, come Bastoni, ne fa un elemento imprescindibile: «È il momento del casco», dirà ad un certo punto Simone alla squadra, dopo la gara di Verona col Chievo in semifinale persa. A Frosinone, in finale d’andata, quel casco viene messo sul tavolo al centro dello spogliatoio, poi entra la squadra. Italiano lo usò anche nel primo anno di Serie A. Quando l’uomo di Karlsruhe va via, il pezzo torna in un armadio. Almeno finché da Firenze non arriva una telefonata, anteprima di Basilea-Fiorentina del 18 maggio del 2023. Italiano ha perso l’andata con i viola, 1-2, e deve ribaltarla al ritorno. Chiede però ad un suo collaboratore di provare ad averlo. Gli dicono non sia possibile, ma gli mandano la foto, e lui ci mette quella nello spogliatoio. Vincerà 3-1 in Svizzera ed finisce in finale di Conference League.

D’Angelo conosce la storia

Si arriva fino a Luca D’Angelo, che si fa raccontare la leggenda. Come il calcio vuole, ci crede a prescindere. Viene rispolverato quindi contro il Parma con una sciarpa al fianco, ma c’è il contro amuleto Moutinho. Poi ad Ascoli ricompare con due sciarpe, una dell’Orgoglio spezzino. Funziona. In Spagna, nella periferia di Madrid, Alfredo Di Stefano, davanti casa, fece un giorno mettere un monumento alla palla, in bronzo. Ogni giorno ci passava davanti e toccandola (come un portafortuna) diceva: «Gracias, Vieja», “Grazie vecchia mia”. Chissà che un giorno, al Picco, un bronzo non ricordi quel casco, che da solo direzionava i venti del pallone. 

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  • P. Esposito (4%, 33 Votes)
  • Nagy (4%, 30 Votes)
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