Il responsabile del settore giovanile aquilotto Beppe Vecchio, entrato nella Hall Of Fame dello Spezia qualche mese fa, si è raccontato in una lunga intervista ai canali ufficiali del club bianco, in cui ha ribadito il suo attaccamento per i colori spezzini e il suo lavoro. Un viatico che gli è fruttato anche un importante riconoscimento. Ecco le sue riflessioni.
Le parole di Vecchio
Sugli inizi: “La mia passione per il calcio nasce da piccolissimo. Curiosamente avevo cominciato come portiere, l’ho fatto fino a 10-11 anni, poi ho deciso di cambiare ruolo e ho iniziato il mio percorso. Dalla Sampdoria in avanti, per me è sempre stata una passione per divertirmi e sfogarmi e poi ho capito che poteva diventare un lavoro. La svolta è arrivata in C2 con il Baracca Lugo, poi la B a Messina ed è nata la mia passione per lo Spezia”.
Sulle Aquile: “Ricordo che in televisione vedevo sempre il Picco pieno, gremito. Mi è rimasto sempre nella testa, è stata una delle cose che ha inciso di più sul venire qui quando il Messina non si è iscritto. Con Mastropasqua presidente ho firmato il contratto nella mensa dei ferrovieri a Spezia, poi l’esordio a Empoli con vittoria 1-0. Ho giocato in grandi piazze, anche importanti, ma quello che danno gli spezzini è imparagonabile: una adrenalina contagiosa. Oggi il calcio è diverso, ma la passione è rimasta uguale. Ricordo la partita di spareggio con la Pro Sesto l’anno del fallimento: nella gara di andata era uno stadio tutto bianco in trasferta, gli avversari dissero che così si gioca sempre in casa”.
Sulle bandiere: “Oggi non esistono più i giocatori che si legano a un club a vita. Noi abbiamo Vignali che è cresciuto con noi e spero venga a darci una mano quando smetterà perché è uno degli ultimi rimasti a trasmettere la passione per la maglia della propria città. Ne abbiamo bisogno, a Spezia lo spirito di appartenenza è molto radicato. Per me sentirsi parte di una famiglia è tutto, entra dentro in modo viscerale . Chi indossa questa maglia deve sapere che storia ha il club e chi lo rappresenta: la gente dà sempre una mano e apprezza chi lavora con passione. Da capitano ho sempre detto di onorare la maglia che si indossa, è un privilegio farlo e non è per tutti. Dobbiamo far capire ai nostri ragazzi che lo Spezia è la Juventus: non siamo meno dei top club, abbiamo strutture idee e motivazioni”.
Sui momenti indimenticabili: “Ce ne sono tantissimi. Una volta segnai con il Crevalcore sotto la Piscina ed esultai sotto la gradinata. A fine partita la gente era arrabbiata perché non sono andato sotto la Ferrovia. Discutevo spesso con Carpanesi, un grandissimo motivatore, tutti e due eravamo animi forti e volevamo lo Spezia fuori dai guai. C’era grande stima, ci volevamo bene. Se ho mai pensato di andarmene? L’anno del presidente Sitta ci dissero che si rischiava di mettere in mora la società e in una riunione abbiamo deciso di rimanere tutti, mai avrei pensato di andarmene. Lo feci solo quando arrivò Blengino, che volle diminuire gli ingaggi”.
Sulle scaramanzie: “Non avevo niente di particolare, ma facevo sempre il riscaldamento dietro alla porta davanti alla Curva. La imponevo a tutti perché era un modo per stare accanto alla gente, che ci caricava in modo incredibile”.
Sul lavoro col settore giovanile: “È sempre stato il mio sogno, penso che questo percorso sia la chiusura di un cerchio e la dimostrazione dell’amore che ho per questa maglia. Avrei spesso potuto cambiare società, ma ho fatto una scelta di vita e spero di ripagare col mio lavoro tutto l’affetto nei miei confronti. Spezia è più di una squadra, è casa”.
Sulla Hall Of Fame: “Incredibile. È un premo per me ma è come se fosse per ognuno dei tifosi per il rapporto che ho con loro. Se c’è una cosa che gli spezzini mi hanno insegnato è cosa significhi amare una maglia. Dal primo giorno provo una passione innata, Spezia entra dentro. Onestamente non mi vedrei da nessun’altra parte e finché potrò lavorerò qui, poi continuerò comunque a seguire le Aquile. Perché Spezia è amore puro”.
