27 Novembre 2025 - 19:23

Ferretti: “Spezia è come casa. Che valori in quella squadra”

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Qualche settimana fa è entrato nella Hall of Fame delle Aquile, oggi Sergio Ferretti racconta il suo pensiero e la sua emozione anche ai canali ufficiali dello Spezia Calcio, in una lunga intervista proposta dal club. Ecco tutti i passaggi delle sue dichiarazioni.

Le parole di Ferretti

Sul soprannome Poeta: “Onestamente non ne conosco l’origine. Forse un signore di Portovenere una volta disse qualcosa di un poeta che ha vissuto lì ed è nato questo nome. Mi piace, mi soddisfa”.

Sugli inizi e la carriera: “Giocavo per passione, ero contento perché avevo realizzato un sogno ed ero felice. Poi le cose sono andate un po’ peggio, con tanti infortuni. L’allenatore era Teo Maroso, che oggi non c’è più”.

Sull’essere il numero 10: “Penso di aver avuto quel modo lì, una volta si giocava un calcio diverso. Ho giocato anche esterno, cosa che ora non potrei più fare per le mie caratteristiche, ma ho sempre giocato in mezzo al campo dietro gli attaccanti ed è quello che mi piaceva di più. Alcuni allenatori mi vedevano come regista di centrocampo, anche se rispetto ad oggi chi giocava in quel ruolo era destinato a marcature pazzesche. Non era una zona facile ma mi piaceva molto, mi piaceva quasi più far fare gol agli altri che segnarli io”.

Su Sergio Carpanesi: “Vado orgoglioso di non aver mai avuto discussioni con nessun allenatore. Forse sono stato fortunato o no, ma gli allenatori che ho avuto mi hanno sempre messo a mio agio e spero di averci messo anche del mio ad averli aiutati. Se devo citarne uno, Sergio Carpanesi ha qualcosa in più degli altri: è sempre stato un signore e mi ha sempre aiutato come faceva anche con gli altri. È quasi unico nel suo genere”.

Sullo Spezia e sul rapporto con i tifosi: “A Spezia era appena arrivato il Presidente Rossetto, che prometteva mari e monti. Lo Spezia veniva da un momento difficile, quell’anno siamo arrivati io, Telesio, Colombo e Battiston. Anche se il finale di quel campionato è stato esaltante, all’inizio dell’anno c’era la percezione che il club fosse destinato a fallire. Qui poi però successe una cosa pazzesca: questa unione con i tifosi, con la gente che ci pagava anche le maglie per giocare, e abbiamo deciso tutti, tranne Pitino, di rimanere qua. Eravamo primi in classifica ma nessuno pensava di poter vincere quel campionato: è stato esaltante ed indimenticabile”.

Sulla prima volta nello spogliatoio del Picco: “Il bello è stato sentirsi subito a casa, un po’ perché ci conoscevamo, un po’ perché abbiamo avuto subito un feeling importante con l’allenatore e con tutti. Ci aspettavamo una società diversa ma questa unione è andata avanti sempre meglio. È stato un anno bellissimo, come gli anni dopo del resto. Vivevamo tutti in un residence di Lerici ed è stato importante anche per le famiglie”.

Sul gruppo: “Sembra a volte che abbiamo vinto un campionato per caso, ma non è così. In quella squadra c’erano anche dei valori e c’era Borgo che aveva giocato in Serie A, io che venivo da vari campionati vinti, come anche altri che venivano da quelle categorie. Trovarci assieme è stato un caso, ma era una squadra molto forte e unita anche nelle problematiche che già c’erano. Alcuni potevano trovare una squadra e altri no, quindi dovevi essere anche un po’ responsabile degli altri. Penso sia stata la scelta migliore”.

Sull’esultanza dello stadio: “Fare gol al Picco è straordinario. Lo era a quei tempi e anche ora che c’è uno stadio diverso, sentire il boato della gente è una sensazione unica. Io ricordo in Spezia-Pistoiese un Picco gremito. Giocare a Spezia in quegli anni era bellissimo, lo stadio era sempre pieno ogni domenica, c’era molto entusiasmo. E quando vengo qua sento ancora questo affetto. L’anno scorso quando sono venuto con la Cremonese ero qui per un evento di beneficenza. Ho visto genitori e bambini per mano ed è bellissimo veder tramandare questo amore di padre in figlio. Oggi forse manca un po’ quella voglia di divertirsi”.

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