29 Dicembre 2020 - 17:00

Piccoli sr a SP: “Roberto sta bene a Spezia, voci infondate. E con più malizia…”

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Si è detto tanto su Roberto Piccoli, arrivato in punta di piedi dall’Atalanta con il sogno di ritagliarsi uno spazio in Serie A dopo le valanghe di gol nella Primavera di Brambilla. Un’esperienza caldeggiata dallo stesso club bergamasco, con Gasperini in prima linea a consigliarlo verso la corte di Italiano. E lui ha accettato, con la consueta abnegazione e la voglia di mettersi in gioco: sempre pronto quando chiamato in causa, un gran gol con il Bologna in Coppa Italia, un rigore procurato a Cagliari e – finalmente – anche il primo gol nella massima serie, alla Scala del calcio di San Siro. E con l’avvicinarsi del mercato di gennaio hanno cominciato a circolare le voci di un possibile rientro a Bergamo per trovare continuità in altri lidi. Di questo e di molto altro abbiamo parlato in esclusiva per Spezia1906.com con Marino Piccoli, padre del talentuoso attaccante. Fra una passione per la bicicletta e per la pesca in apnea, ci ha aiutato a raccontare l’attaccante classe 2001 di proprietà della Dea. 

Roberto ha cominciato la sua avventura nell’Atalanta, ci racconta com’è arrivata la chiamata dello Spezia?

Ricordo il primo provino all’Atalanta, è stato indimenticabile, perché lui si presentò non come attaccante ma come portiere (ride n.d.r.). Nella categoria Esordienti si è fatto notare perché cambiava le sorti delle partite ed è stato subito osservato speciale dei nerazzurri. Diventato poi una certezza nella Primavera di Brambilla, ha piano piano cominciato ad affacciarsi alla categoria “dei grandi”. Nella scorsa estate sono state tante le offerte dalla B: Pisa, Pescara, Pordenone, Ascoli, Cremonese. Poi la dirigenza, con Gasperini in prima persona, gli ha consigliato di scegliere lo Spezia per come è la società e per Italiano, allenatore giovane e dalle idee chiare. Così Roberto non ci ha pensato due volte dopo la chiacchierata: alle 14.00 eravamo al Lago Di Garda, alle 19.00 eravamo a La Spezia.

A distanza di qualche mese da allora: è stata la scelta giusta?

Devo dire che all’inizio in famiglia eravamo un po’ titubanti: è vero che aveva esordito in A e si allenava con la Prima Squadra, però sarebbe stata la prima chiamata davvero fra i grandi. Andare allo Spezia sarebbe stato un po’ come azzerare tutto: nessuno avrebbe ricordato i quintali di gol in Primavera, si sarebbe ripartiti da capo. Ma oggi siamo contenti, molto, anche Roberto: ha avuto le sue possibilità, ha fatto partite in cui la squadra ha dovuto fidarsi di lui, un ragazzo giovane di 19 anni.

E ha trovato un gol speciale a San Siro. Che sensazione è stata per voi e per lui?

Se lo è goduto naturalmente, la sera stessa era contentissimo ma da subito ha detto che avrebbe pensato al prossimo. Il giorno prima era nervoso, aveva solo voglia di giocare e si sentiva ‘cattivo’. Gli ho sempre detto che quando entra in campo così, pronto a fare la Terza Guerra Mondiale lui può dire la sua. Roberto è così. Questa rete l’ha messo anche un po’ in pace con se stesso: è consapevole che ogni opportunità debba essere sfruttata al meglio. È un centravanti bravo ad attaccare gli spazi e si sta adattando alle dinamiche della nuova squadra. È sereno, se la sta godendo tanto.

Com’è il rapporto con il gruppo squadra? Si sta sentendo a suo agio?

Si sta trovando molto bene, non ho mai sentito nessun problema da parte sua. A Bergamo è stato molto contento perché quando è arrivato all’Atalanta tutti lo hanno accolto al meglio, qui è casa sua. La mia preoccupazione è che anche altrove riuscisse a trovare un ambiente armonioso: all’inizio ha sofferto un po’ il non uscire di casa e il lockdown, ma con i compagni ha un ottimo rapporto. È un ragazzo invasato di lavoro: vuole iniziare sempre prima e finire dopo. Mi ha raccontato di essersi presentato in anticipo ai cancelli del campo di allenamento e con disappunto non lo hanno fatto entrare (ride n.d.r.). Conosco il ragazzo, se non si fosse trovato bene lo avremmo capito subito e sarebbe stato lui per primo a dirlo. 

A questo proposito: non sono mancate le voci che lo vorrebbero già alla fine di questa esperienza a gennaio. È davvero così? 

Abbiamo letto diverse notizie in merito, ma posso dire che non c’è nulla di vero. Parlo per Roberto: mai ha fatto richiesta di andare altrove. Io posso dire che trovare posto in squadra non è un problema: se si vuole fare un passo indietro c’è la fila per scendere in B, ma sono solo considerazioni pour parler. Lui non ha mai parlato con il procuratore di questo. Forse sono uscite voci infondate, che possono destabilizzare l’ambiente e basta.

Col senno di poi: è stato meglio non portarla con lei nella carriera sui pedali?

Io ho avuto le grandi passioni della pesca in apnea e del ciclismo. Nel 2006 mi hanno chiesto di fare il Direttore Sportivo del Team Milram Juniores, vivaio del Team Protour con Alessandro Petacchi fra i vari atleti. In quei 3-4 anni abbiamo vinto 70-80 corse, con tanti corridori come Bugno, Gotti. Anche Roberto ha sempre apprezzato la bicicletta, ma il suo percorso era decisamente quello del calcio. E l’Atalanta ha creduto in lui anche quando era l’ultima ruota del carro appena arrivato.

Si è posto un obiettivo per questa sua prima stagione fra i grandi?

Per un esordiente l’importante è giocare e sarebbe decisamente importante incrementare il più possibile il suo score personale, sarebbe il massimo se facesse i suoi cinque gol in stagione. Io gli dico sempre che è importante cercare di fare qualsiasi cosa per dare il massimo e quando si ha l’occasione essere ‘cattivo’. Vuole fare bene a Spezia e finire la stagione con un numero importante da reparto, ma soprattutto salvare lo Spezia. Lui è sempre stato abituato a vincere e non vuole pensare a una retrocessione. 

In cosa deve ancora migliorare?

Le sue qualità son importanti. Deve magari imparare ad avere un po’ più di malizia: è stato bravo a prendersi il rigore con il Cagliari tagliando la strada al difensore. In generale deve farsi un po’ più furbo, l’attaccante deve saper capitalizzare le opportunità. Rispetto a Nzola ha caratteristiche diverse: il francese è molto bravo, fa più raccordo e forse è meno devastante negli ultimi quindici metri, mentre Roberto è invece più attento là davanti. Deve imparare a lavorare di più con la squadra giocando un maggior numero di palloni, per prendere pienamente anche la fiducia della squadra. Italiano lo sta facendo molto lavorare in questo senso e lui è molto soddisfatto, perché tutti si comportano tutti al meglio. Poi è normale che venendo da un altro tipo di gioco si tenda a giocare come si è imparato.

Ci racconta un po’ il Roberto Piccoli fuori dal campo? Quali sono i suoi hobbies e le sue passioni?

Quando siamo al mare fa pesca in apnea e va in bicicletta. Ha il suo gruppo di amici della Primavera dell’Atalanta, che sono insieme da quando avevano dodici anni. Ogni tanto organizzavano qualche serata insieme, non è un guascone o scalmanato e non ha la fidanzata, almeno così ci dice (ride n.d.r.). Poi in campo si trasforma con il furore agonistico giusto. Posso dire che lui è sempre stato consapevole di essere l’ultima ruota del carro, ma si è sempre allenato con grande costanza e ha sposato la filosofia del lavoro, che paga sempre. 

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