13 Ottobre 2023 - 12:37

Alvini, uomo d’altri tempi: al Picco per ritrovare l’amore

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La cosa sfugge ai più, ma probabilmente il signor Max Alvini sta entrando nei meccanismi del calcio locale più di quanto ci si aspetti. Ad oggi, dietro le quinte, è proprio un po’ un uomo d’altri tempi. Come scrive Il Secolo XIX, una persona oggi sconfortata dal calcio giocato e dall’andamento lento del campionato, ma sempre sorridente. Riconosciuto dai tifosi qualche sera fa, proprio sul lungomare santerenzino, seduto a guardare il mare, e invitato a firmare autografi e a bere. Una persona un po’ di stampo antico, fuori dagli ingessati stereotipi, ma anche una sorta di dottor Jekyll che ha dietro le spalle mister Hyde. Basta chiedere ai calciatori che in questi giorni hanno avuto la seduta video. Urla, determinazione nelle spiegazioni, anche quel diventare livido paonazzo e qualche pugno per l’aria. Poi, dopo la tempesta, la quiete dell’uomo normale.
Anche questo è Alvini, capace nella sua carriera di lasciare un buon ricordo pressoché ovunque sia andato. Una storia semplice ma che ben si lega con quello che è il tifo nostrano. «Benedirò sempre il giorno in cui sono partito dalla base, dagli amatori», aveva raccontato tempo fa. E così è, visto che il suo cammino da tecnico inizia molto presto nel 1995-96. Mentre gioca in Promozione decide di sedere sulla panchina della contrada Ferruzza, squadra di amatori composta da alcuni suoi amici e che partecipava ad un torneo Uisp, dove si gioca anche la sera, sotto fari non proprio da stadio. In quegli anni allenerà anche l’Antella, squadra di Fucecchio che militava nel campionato amatoriale dell’empolese. A soli 30 anni (è il 2000) un infortunio lo obbliga ad appendere gli scarpini al chiodo, ma il Signa gli offre l’opportunità vera. Un bagaglio che si porta dietro e che lo mette spesso sul piano del tifoso, anche più sotto.

Un uomo di altri tempi

Basta chiedere a tal Ernesto Melauri, il Melo per gli amici. Un tifoso anziano, 76 anni, emiliano, uno di quelli che non avendo grosse cose da fare, va tutti i giorni al campo e non ha altre ragioni di vita. Vive a Reggio. Il classico tifoso che fa famiglia con undici giocatori più riserve. Esistono ovunque, anche dalle nostre parti. Uno di quelli che piangono se la società fallisce, perché viene meno la ragione di vita. Alvini, come sta avvenendo anche a Follo di questi tempi con alcuni, lega presto. Col Melo a Reggio nacque un legame speciale. Alvini lo aveva anche ogni partita dietro la panchina, ascoltava quello che gli diceva e commentava.
I due vissero praticamente in simbiosi, tanto che il mister finì per farlo salire sul pullman della squadra, sembrava uno di loro. Qui sono tanti che possono diventare il Melo della situazione. Ci penserà l’effetto Picco a crearli, la simbiosi tra un tecnico genuino e una piazza che per ora non lo ama, ma che forse lo vorrebbe. A Reggio aveva anche fatto invertire la posizione delle panchine, solo oggi quella di casa tornata lato curva ospiti. Lui invece volle subito che la sua dovesse essere quella al fianco della Sud, per sentirsi più vicino ai tifosi di casa. Qui le nuove panchine, con il Picco ristrutturato, saranno collocate sotto la tribuna com’erano una volta, facile che lui scelga quella più prossima alla Ferrovia. Curioso quanto successo a Cesena solo poche settimane fa prima di Spezia-Reggiana. Durante il riscaldamento, comparve nella curva emiliana lo striscione con la scritta “Alvini ti amo”, un segno di riconoscenza. Fatto però sparire subito dai capi ultrà, che forse non perdonavano che fosse oggi sulla panchina nemica calcistica. Storie, anche queste, di calcio.

One thought on “Alvini, uomo d’altri tempi: al Picco per ritrovare l’amore

  1. L’amore ve lo siete scommesso su qualche sito.
    Vero calciatori? Basta prendere in giro tutti in quel cesso di stadio picco andeghe voi! Scommetto ci andate

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