17 Febbraio 2021 - 09:57

Italiano: “Né Guardiola né Mou, sono io. Il mio Spezia è tutto l’insieme”

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Sulle colonne di Tuttosport questa mattina in edicola troviamo una lunga intervista a Vincenzo Italiano, tecnico delle Aquile. Il suo Spezia era già sulla bocca di tutti per quello che sta combinando in Serie A, lo è ancor più dopo la vittoria sul Milan. Guai a dire che sia però lui solo l’artefice di tutto questo: “È tutto l’insieme, tutti ci davano per spacciati e invece… Il segreto sta in tutta la squadra e nel lavoro che fa“. E ovviamente la domanda sul futuro non può mancare (già ieri sono emersi dettagli interessanti sul suo contratto): “Penso solo allo Spezia, gli attestati di stima fanno piacere ma non sono mai stato contattato da nessuno“. Una cosa è certa: in tutte le categorie è difficoltoso affermarsi e creare empatia piena con la squadra, rendersi credibili. E Italiano lo sa.

Fra le formazioni che lo hanno impressionato nella sua crescita non mancano i must come il Milan di Sacchi o il Barça di Guardiola, ma anche il Napoli di Sarri e le squadre del miglior Zeman. C’è pure la Juve del triennio Conte. Ma all’orizzonte ora c’è la Fiorentina di quel Prandelli cui Italiano deve molto: “È stato il primo a darmi fiducia e schierarmi dall’inizio – racconta – in quel Verona ’98-’99 che poi fu promosso in A. Giocavamo davvero un bel calcio e ci salvammo l’anno successivo. Sarà bello riabbracciarlo e non vedo l’ora“. Il presente si chiama Spezia, al primo anno in Serie A, con molte difficoltà, senza pubblico: la consapevolezza è sempre la stessa, quella di potersela giocare con tutti. Il segreto è sempre uno, la grande coesione di gruppo. Dai calciatori ai dirigenti, dallo staff ai magazzinieri tutti remano nella stessa direzione.

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Si sente più un Guardiola o un Mourinho? “Il giusto mix. Bisogna capire quando è giusto coinvolgere il gruppo e quando invece gestire il singolo. Mai adagiarsi o pensare che il traguardo sia vicino/raggiunto. Ogni allenamento è utile e da sfruttare per crescere. I miei calciatori hanno paura che parli loro di calcio anche se li incontro a cena. Facciamo un mestiere bellissimo e da sogno, quindi è un peccato non sfruttare tutto il tempo a disposizione“. E in caso di salvezza c’è sempre quella scommessa: “Andare a piedi a Portovenere. Sono circa 20 chilometri ma sarebbe una processione con migliaia di persone al seguito. Sarebbe splendido e non voglio negare un’emozione così a questa gente che già non può sostenerci da vicino e si merita il massimo”.

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